Come possiamo interpretare il dolore?
Il dolore è come la spia rossa accesa di un sistema di allarme che ci indica una anomalia nel sistema funzionale corporeo.
Descriverlo, però, è difficile. La gamma del dolore è molto vasta; infatti può andare da risentimenti fastidiosi ad improvvisi e brevi dolori, fino a quelli estremi dei traumi acuti e delle coliche renali.
Ognuno di noi avverte il dolore in modo diverso, a seconda del livello della nostra soglia individuale del dolore e delle nostre peculiarità caratteriali.. Il dolore rappresenta il motivo più frequente che spinge la gente a prendere medicine e ad andare dal medico e costituisce un fenomeno complesso, il cui impatto sull’individuo può essere condizionato anche da fattori psicologici.
Vediamo cosa succede, per esempio, quando per sbaglio ci colpiamo un dito con un martello: il martello schiaccia la parte corporea che attiva dei ricettori (nocicettori), i quali mandano impulsi nervosi lungo delle vie specifiche per il dolore che viaggiano lungo il midollo spinale fino al talamo del cervello una sorta di centro di smistamento dei segnali di dolore e di altri segnali, e vengono finalmente trasmessi alla corteccia cerebrale. Il risultato è la percezione del dolore e la consapevolezza di ciò che fa male e quanto fa male.
Un dolore lancinante che sentite potrebbe essere cominciato improvvisamente quando vi siete piegati ad allacciarvi le scarpe e, in questo caso, è acuto. Il dolore acuto va valutato correttamente dal medico, che in genere prescrive riposo e terapia farmacologica per spegnere il sintomo o renderlo tollerabile. Questo fatto è importante perché la persistenza del dolore può creare disagi e sofferenza psicologica o ancora psicomotoria. In fase successiva alla fase acuta, subacuta, può intervenire il fisioterapista con tecniche di terapia strumentale, massoterapia e chinesiterapia graduale per normalizzare le funzioni motorie. Un dolore che dura da almeno 6 mesi è un dolore cronico. In questo caso la gestione del problema (come quello prodotto dall’osteoartrosi) è diversa rispetto a quella del dolore acuto in quanto il dolore è ben rappresentato a livello del sistema nervoso centrale e richiede un lavoro di squadra tra paziente-medico-fisioterapista. Spesso in questi casi è utile ed ha anche un’azione antidepressiva un programma di allenamento strutturato in modo da essere progressivamente più intenso, sia che implichi esercizi specifici, sia semplici camminate o corsetta leggera; un tale programma dà al paziente un senso di controllo e di miglioramento che può indurlo a pensare ad altre cose oltre al dolore.
La scienza ha dimostrato che solo una certa quantità di informazioni sensoriali può essere trasmessa dal sistema nervoso. Questa è conosciuta come la teoria della soglia di controllo del dolore ed è alla base del successo di quegli strumenti elettrici usati in fisioterapia che sovraccaricano le fibre nervose dei punti dolenti per alleviare il fastidio (correnti T.e.n.s).
Ogni caso è un caso a se, per questo, aldilà dello sforzo di generalizzare il problema per renderlo fruibile al grande pubblico , è utile per la singola persona avere risposte uniche. Da qui la possibilità di contattarmi su WhatsApp 3383050911, darò risposta spesso veloce altre volte non appena possibile.
Non dovremmo mai tenere separata l’anima dal corpo (Platone).
E’ sbagliato scindere il dolore fisico da quello emozionale/psicologico.
Dolore da malinconia, tristezza dispiacere, pena, disperazione, delusione, rimorso, tormento, cordoglio, strazio. Dolore dell’animo, dell’anima, interiore; dolore con diverse gradazioni e sfumature sempre e comunque psicofisico come già conosciuto e divulgato da Platone, abbondantemente prima della nascita di Cristo.
Dolore che si presenta, e sopratutto viene narrato, come fisico in caso di trauma corporale invalidante, di esiti da intervento chirurgico demolitivo, di metastasi ossee. Si presenta invece interiorizzato/psicologico quando con i termini descritti sopra sembra colpirti l’animo per poi ripresentarsi fisico quando non ti fa dormire e ti spossa, ti fa disperare e stravolgere il viso, ti colpisce come una spada nel cuore. Il non isolare il dolore ma collocarlo in un tutt’uno insieme alle emozioni, pensieri, credenze e qualità della nostra coscienza, attraverso l’uso dell’introspezione, in una sorta di dialogo interiore, è la prima carta da giocare per attutirne gli effetti; la seconda è quella di non isolarsi e condividere con altri individui la nostra singolare esperienza. La condivisione, prima spesso poco convinta e difficoltosa, può diventare creatrice di varchi emozionali fiduciosi e speranzosi magari con il supporto di un parente che ti ha a cuore e non ti giudica o con l’apporto di un amico/a dalle grande pazienza e capacità di ascolto empatico. Il bisogno di comunicare e relazionarsi può condurre in epoca moderna, in maniera più evoluta, alla scelta di avvalersi di uno Psicologo/Psicoterapeuta, possibilmente appassionato della sua missione professionale, preparato da tanti anni di studio e aggiornamenti, temprato dal mettere in gioco continuamente le proprie competenze e la sua umanità. Da questo possibile incontro, caratterizzato da parte del professionista, necessariamente da un ascolto empatico coltivato ed allenato (cosa che manca ad un pur eccezionale parente o amico che quasi sempre dopo 15 minuti si stanca e sposta fisiologicamente, come natura vuole, l’attenzione su di sè), e, da una robusta competenza teorica e sopratutto clinica, possono essere rideterminati con un percorso terapeutico/esistenziale ad hoc i valori di certe percezioni e vissuti del paziente/cliente per dare nuovo significato e sensibilità, e quindi sopportabilità se non opportunità, allo spesso tormentoso se non spietato dolore/malessere interiore.
Ogni caso è un caso a se, per questo, aldilà dello sforzo di generalizzare il problema per renderlo fruibile al grande pubblico, è utile per la singola persona avere risposte uniche. Da qui la possibilità di contattarmi su WhatsApp al 3477840624, darò risposta spesso veloce altre volte non appena possibile.